13 aprile 2012

Apprezzo, copio e incollo

Ho scoperto da pochi giorni una comunista che scrive e descrive bene cosa succede qua e là.
La mancanza di tempo, rapportata alla voglia di condividere alcuni miei pensieri mi porterà a rubacchiare quelli di altri, indicandone la fonte, lì dove li riterrò condivisibili.
Se qualche diretto interessato dovesse non condividere, rimuoverò il post.
Questo è il primo:



C’è un ventenne che si è candidato a sindaco di un piccolo centro pugliese, con la lista “fascismo e libertà”. Il simbolo su cui apporre la propria preferenza (in caso si sia portatori di deficit mentale) è un fascio littorio, presente anche sui manifesti affissi per propaganda elettorale, e che nonostante siano intervenuti gli organi competenti, stanno ancora là sui muri a fare bella mostra del ridicolo ossimoro.

Certo, noi che abbiamo ancora il ben dell’intelletto, sappiamo bene che l’apologia di fascismo è un reato, e che è proibito dalla Costituzione … etc, etc; ma sappiamo anche quanto poco valore possa avere la legge in un paese come il nostro, dove “scripta manent ma scolorina docet”.

Viene facile concludere la questione affibbiando al ventenne la meritata qualifica del testa di cazzo, ma purtroppo temo sia peggio di così. Vent’anni sono una vita, sono troppi per essere cancellati con un colpo di cimosa. Vent’anni di berlusconismo hanno seminato abbastanza vento, perché oggi si inizi a raccogliere la tempesta.

La responsabilità del singolo inizia ad affiorare dalla melma, a galleggiare. I mefitici effluvi della storia recente intasano le nostre narici, e per quanto ci si sia anestetizzati, abituati alla puzza, dovremmo avere il coraggio, almeno, di assumerci la responsabilità – chi la ha – di aver per troppo tempo guardato altrove, mentre scientemente la nostra cultura, più che il nostro stato, veniva demolita.

Un ventenne ha studiato la storia sotto egida morattiana, la moglie del pallone, la moglie e la cognata degli assassini della Saras, la mamma di Batman, la sindaco di Milano che non andava al Comune ma presenziava quando doveva, per gli affari suoi o dei suoi sodali. La bestia che fu  il ministro alla pubblica istruzione, che iniziò a dare la stura alla rivisitazione della storia in senso surrealistico, che avvallò la riscrittura di un testo di storia della scuola media, in cui si narrava che “i fascisti erano delle brave persone, perché essendo già ricchi non avevano bisogno di rubare.”

Giuseppe Lassandro (questo il nome del ventenne deficiente) è una testa di cazzo, ma una testa di cazzo a sua insaputa. Uno dei frutti che stiamo raccogliendo, una vittima probabilmente inconsapevole della demolizione del sistema scolastico italiano.

Noi, che veniamo da un’altra generazione, quella che la storia l’ha vissuta sulla pelle dei propri nonni o dei propri genitori, avevamo l’obbligo e il dovere morale di vigilare, affinché questo non accadesse. Molti di noi per questo si sono spesi – lo rivendico – ma evidentemente non siamo stati abbastanza. Ora possiamo perseverare o stare a guardare, in attesa di altre mietiture delle ventennali semine ormai sbocciate. In effetti, a guardar bene, stiamo già in attesa, assistendo pressoché muti o attoniti agli accadimenti degli ultimi giorni, in cui si palesano corruzione e ruberie, mafiosità e illegalità, la cancellazione dei diritti e di fatto della democrazia.

Scelgo di perseverare, con la speranza di essere utile in qualche modo al recupero delle facoltà cognitive di un povero demente, rincoglionito anzitempo dal regime berlusconista e barbaro dell’ultimo ventennio: fascismo e libertà è la sintesi dell’idiozia. Preferisco ricordarmi il fascismo così come si concluse, con la feccia appesa a testa in giù a Piazzale Loreto. È quello l’emblema della libertà che avremmo potuto vivere dopo il fascismo.

Il prossimo frutto, magari, lo coglieremo quando ci sentiremo dire che i comunisti non possono essere vegetariano, perché mangiano i bambini … e noi rideremo, perché piangere è fatica.

Rita Pani (APOLIDE) 
Rita Pani la trovate qui: http://guevina.blog.espresso.repubblica.it

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